Mister Caccia racconta la stagione: “Si poteva fare di piu’, ma non eravamo pronti”

OSIMO – Una rimonta incredibile, la più rapida della storia biancorossa: dall’ultimo posto di metà novembre al quinto raggiunto nel turno prenatalizio. Una risalita vertiginosa al punto tale che, a fine stagione, sembra essere quasi un fallimento non aver raggiunto la zona playoff. Ma con la giusta prospettiva, quella di una squadra tutta nuova e partita per salvarsi, scivolata all’ultimo posto con tanto di dimissioni dell’allenatore Matteo Recinti e poi rinforzata prima col nuovo mister Cristiano Caccia e poi nel mercato di dicembre e capace così di rimontare fino al quarto posto e poi chiudere al settimo, allora sì che la stagione dei biancorossi è da ritenersi positiva. anche se, e pure questo è vero, mai come quest’anno i playoff sembravano così alla portata. Ma tant’è, il San Biagio ha saputo far esaltare per la sua rimonta e le imprese, specie quelle esterne. Ha saputo chiudere con oltre un mese di anticipo il discorso salvezza e impensierire le avversarie ai playoff, abdicando solo nelle ultime tre settimane, a batteria ormai scariche. Alla fine 39 punti racimolati, frutto di 11 vittorie, 6 pareggi e 13 sconfitte, con 38 gol fatti e 42 subiti (5 però nelle ultime due inutili partite con Sassoferrato Genga e Falconara). Questi i numeri del campionato sambiagese nel quale mister Cristiano Caccia, un passato in Promozione con Brandoni, Offagna e Villa Musone, ha saputo riportare entusiasmo dopo un avvio in salita. A lui onere ed onore di fare il punto di fine stagione.

Mister, settimo posto finale: salvezza tranquilla ma playoff sfumati nel finale. Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?
“Bicchiere mezzo vuoto, si poteva fare di più, anche se vista la situazione a metà novembre direi che il bicchiere è mezzo pieno, se ci dicevano di salvarci a 5 giornate dalla fine senza playout ci avremmo messo tutti quanti la firma”.

Quando è arrivato, a fine novembre alla nona giornata, il San Biagio era ultimo con 7 punti: ha avuto coraggio ad accettare questa chiamata dalla società. Cosa l’aveva spinta?
“Un minimo di coraggio e incoscienza c’è stata nell’accettare la proposta in quelle condizioni, ma lavorando in mezzo al campo in categorie dove non ci sono fenomeni ma conta la forza di volontà e la disponibilità dei ragazzi, i risultati sono la naturale conseguenza. Ho accettato per la passione e la voglia di tornare in panchina dopo un anno. E poi alla prima chiacchierata mi ha convinto la consapevolezza che San Biagio è ambiente famigliare, senza pressioni e con la mia stessa voglia di calcio, ero un pò titubante per il ritorno in Prima categoria ma l’importante era aver a che fare con persone serie e questo è quello ha pesato alla fine”.

Quando ha capito che la squadra si sarebbe salvata?
“Non c’è una partita nello specifico dove ho detto: ci salviamo. Sono stati più episodi a cominciare dalla prima gara col Monserra dove, subito il pareggio al 91’, siamo riusciti con forza e animo a vincere al 94’ e poi la vittoria di Sassoferrato, una squadra che non si salva quella partita non la vince con così tanta umiltà e organizzazione. E poi a Offagna, la grande reazione dopo il 2-0 iniziale una mezzora di gioco spettacolare, difficile da vedere in Prima. Questi sono stati i passi salienti che ci hanno portato a questo traguardo”.

Quanto è stato importante il mercato di dicembre nella rimonta? E lo voleva così?
“Mercato importante, non tanto per i giocatori presi ma perché arrivato dopo 20 giorni dal mio insedimanento, quindi avevamo già valutato di cosa ci fosse bisogno. Sono arrivati giocatori che hanno dato grande contributo. Grosso lavoro della società e un plauso al ds Sandro Veroli che ha sistemato la situazione con un budget limitato. Unico rimpianto non essere riusciti a prendere una punta e aver dovuto adattare in quel ruolo Busilacchi, al quale va fatto un monumento per la sua disponibilità”.

Dal suo arrivo in poco più di un mese la squadra è passata dall’ultimo posto alla zona playoff, una risalita incredibile: come è stato possibile?
“La risalita è stata frutto di tanto lavoro, del mercato centrato a dicembre, di buona sorte nel primo periodo che non fa mai male, tutto ciò ci ha permesso di strare a ridosso dei playoff fino alla fine. Cosa più importante il gruppo, che grazie anche ai nuovi è riuscito a tirarsi fuori dalle difficoltà con l’organizzazione”.

Nelle ultime cinque partite 2 pareggi e 3 ko che hanno fatto sfuggire il sogno playoff a lungo inseguito: come mai questo calo di rendimento dopo il successo col Monserra?

“Calo dovuto a più situazioni, principalmente il motivo è fisiologico, dopo 4 mesi e mezzo come quelli fatti è normale che non si può fare tutta una stagione a quei livelli, con ritmi così importanti che neanche le prime riuscivano a starci dentro. Nelle prime mie 8 gare abbiamo fatto ben 20 punti. I ragazzi a livello mentale sono arrivati ad un certo punto scarichi, avevano già fatto troppo, ma nessuno si è tirato indietro, nessuno ha voluto evitare i playoff, ma è stato fisiologico il calo finale, soprattutto se hai a che fare con dei ragazzi che non sono preparati a livello mentale a fare cose diverse da quelle richieste, l’obiettivo era la salvezza e cambiarlo in corsa non è mai semplice. Al salto di qualità in questo momento nessuno era pronto. Poi nel momento cruciale, verso febbraio e marzo, siamo stati senza giocatori d’esperienza come Gasparetti, Brandoni, Cingolani e Testagrossa che danno grande contributo, quando ti mancano tutti insieme diventa complicato, perché se qualcuno ti chiede un cambio poi hai poche alternative”.

Cosa mancava alla squadra per raggiungere i playoff?
“Alla squadra nostra al completo per fare i playoff non mancava niente, a livello di organico a parte il Sassoferrato Genga, non eravamo inferiori a nessuno, mancava forse un po’ di consapevolezza e poi cambiare obiettivo in corsa è difficile. Ha influito gli infortuni e anche il problema mio di salute che mi ha tenuto fuori due settimane. A livello generale è mancato il salto di qualità per fare un discorso diverso dalla salvezza”.

Il San Biagio sceso in campo sabato scorso

Il San Biagio sceso in campo col SassoGenga

Ci avevate creduto davvero a quel traguardo che sarebbe stato storico per il club? Quando ha capito che non ce n’era più per lottare in alto?
“Tolto il primo periodo quando pensavamo solo alla salvezza, poi raggiunta la consapevolezza che ce l’avevamo in tasca, ci abbiamo creduto davvero ai playoff. Forse l’abbiamo persa la speranza nella sconfitta interna con la Castelfrettese, quando un rigore quantomeno dubbio ci ha mandato sotto subito dopo il nostro pareggio che aveva cambiato l’inerzia del match. Ma ci sono stati anche altri rigori che ci hanno condannati, come quello fallito con l’Arcevia, quello regalato al Borgo Minonna e quello non segnato alla Conero Dribbling, lì avremmo vinto ed eliminato una diretta concorrente”.

Partita più bella e quella più brutta del suo San Biagio?
“Partita più brutta quella col Borgo Minonna in casa, sono andato via dal campo con un malumore come poche altre volte, la più bella che racchiude il perché di una risalita del genere è stata quella di Sassoferrato dove, contro un avversario con giocatori di categoria superiore, abbiamo fatto una prestazione con tanta voglia di vincere e umiltà, che contano più di qualsiasi altra cosa in queste categorie, se ce li hai perdi davvero poche volte”.

Soddisfazione maggiore e rammarico o rimorso più grande?
“Soddisfazione l’aver raggiunto l’obiettivo per il quale sono stato chiamato a San Biagio e aver trovato un gruppo che mi ha seguito. Il rimorso? E’ brutto quando inizi con un gruppo e poi perdi alcuni ragazzi tipo Lodolini. Ci sono ragazzi che potrebbero dare molto di più e sopratutto per colpa mia non ci sono riusciti a dare il massimo, questa è una piccola sconfitta”.

C’è un calciatore che l’ha sorpresa più di altri?
“Non mi piace fare nomi, sono molti quelli che hanno fatto tanto bene, semmai dispiace non essere riuscito ad ottenere il massimo da tutti. Ma se devo fare un nome, quello che mi ha stupito di più è Brandoni, per l’atteggiamento, per la sua esperienza. L’avevo incontrato da avversario e secondo me giocava fuori ruolo, ma allenandolo sono riuscito a capire perché. Dove si vuole vincere c’è sempre lui, non è appariscente, ma allenandolo capisci perché tutti lo vorrebbero, è di grande intelligenza calcistica e di una serietà che gli hanno permesso di raggiungere grandi risultati in carriera”.

Un bilancio personale di questo suo ritorno in panchina?
“Sicuramente un buon bilancio anche se per carattere voglio sempre il massimo e quindi un po’ di rammarico per non averlo ottenuto c’è”.

Pronostici: chi vincerà i playoff e chi si salverà tramite i playout?
“La Filottranese, un premio alla costanza: sono tre anni che fanno i playoff ed è ora che li vincono. Playout, credo che si salva il Montoro, più forte del Monserra per me”.

La squadra avversaria che ti è piaciuta di più e quella che ti ha deluso di più rispetto alle aspettative?
“Il SassoGenga per qualità di gioco e giocatori in campo, ma a livello di organizzazione ed entusiasmo, con l’impronta del mister, è stato il Montemarciano che mi ha sorpreso di più. La squadra che ha deluso di più invece, viste le aspettative, credo sia il Montoro”.

Ha già deciso cosa fare il prossimo campionato?
“Mi ha chiamato il Real Madrid, ma forse se Allegri fa il triplete vado alla Juve. Scherzi a parte, ho già parlato con la società, abbiamo preso qualche settimana di pausa, voglio un attimo staccare e decidere senza fretta, ma siamo in anticipo e quindi con massima tranquillità si deciderà e poi vediamo”.

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